Codice disciplinare dipendenti pubblici
CODICE DISCIPLINARE DEI DIPENDENTI PUBBLICI
Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici
In attuazione a quanto disposto dall’ art. 68 del d.lgs. N. 150 in data 27/10/2009, si pubblica il codice disciplinare
dei dipendenti pubblici, come meglio individuato dagli artt. 55 e seguenti del d.lgs. N. 165/01 come integrato con
modifiche dal già citato d.lgs. N. 150/09, recante l’indicazione delle “sanzioni disciplinari e responsabilità dei
dipendenti pubblici”.
Come indicato dal testo dell’art. 55 del d.lgs. 165/2001, le nuove disposizioni costituiscono norme imperative, ai
sensi degli artt. 1339 e 1441 del codice civile e, pertanto, integrano e modificano le fattispecie disciplinari previste
dai ccnl, comportando l’ inapplicabilità di quelle incompatibili con quanto disposto dalle modifiche introdotte al
d.lgs. 165/2001.
Si precisa che la pubblicazione sul sito istituzionale del presente provvedimento equivale, a tutti gli effetti,
alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.
Si fa presente che il D. L.vo n. 150/2009 ha profondamente modificato il D. L.vo n. 297/1994 e il D. L.vo
n.165/2001, nonché abrogato alcuni articoli del CCNL 2006-2009. Pertanto articoli e commi di norme abrogate,
e riportate per errore nel presente atto, non vanno ovviamente tenute in considerazione. In particolare, gli articoli
502 – 507 (sezione II – Competenze, provvedimenti cautelari e procedure) del decreto legislativo 297/94 sono
abrogati ai sensi del decreto legislativo 150/2009, art. 72.
Le nuove disposizioni disciplinari contenute nel decreto legislativo 150/2009 si applicano al personale del
Comparto Scuola (ATA e docente).
Circa le sanzioni disciplinari, si rammenta come la contrattazione collettiva sia consentita negli esclusivi limiti
previsti dalla legge. Vige una esplicita riserva di legge per la disciplina in materia di responsabilità civile,
amministrativa, penale e contabile, nonché per la procedura disciplinare.
Lo spazio di intervento della contrattazione collettiva è dunque limitato, in materia, alla tipologia delle infrazioni
e delle relative sanzioni, ad eccezione di quelle già definite dallo stesso decreto.
Infrazioni disciplinari e sanzioni per il personale ATA della scuola potranno essere reperite ancora nei contratti
in essere, le cui disposizioni possono considerarsi sopravvissute, salvo che per le infrazioni e sanzioni “nuove”
introdotte dallo stesso decreto in esame.
Allo stesso modo, grazie al rinvio operato dall’art. 91 del vigente CCNL comparto scuola, sono da considerarsi
ancora vigenti gli artt. da 492 a 501 del D.Lgs 297/94 per il personale docente.
In fondo al presente testo viene pubblicata una “sinossi finale”, ed alla luce del D.Lvo 150/2009, si sintetizza una
ipotesi di prima applicazione della normativa in tema di procedimento disciplinare ed organi competenti, tenendo
conto delle nuove e diverse infrazioni introdotte.
Tutto ciò sino ai prossimi CCNL di comparto, che potranno operare – come già precisato più sopra -solo in
materia di infrazioni (fatte sempre salve quelle previste dal D. Lvo 150/2009) e di sanzioni.
Circa la sospensione cautelare dal servizio le norme legislative e contrattuali che la disciplinano devono ritenersi
ancora vigenti, ed in particolare l’art. 97 CCNL scuola per il personale ATA e l’art.39 CCNL Area V^ della
dirigenza per quanto concerne i dirigenti scolastici. Per quanto concerne il personale docente della scuola, è bene
precisare che la norma di riferimento (art. 506 del D.Lgs 297/94 come innovato dalla recente L. 176/07) risulta
abrogata. L’eventuale sopravvivenza dell’istituto potrebbe dunque rinvenirsi nell’art. 396 del T.U. 297/94, quale
particolare provvedimento di emergenza, adottabile dal dirigente della struttura in cui il dipendente lavora in casi
specifici ed a fronte di motivazioni espresse, che dimostrino la necessità di provvedere urgentemente.
Circa le possibili impugnazioni della sanzione disciplinare eventualmente comminata, si evidenzia come sia
sopravvissuta possibilità di ricorso al Giudice Ordinario, previo esperimento del tentativo di conciliazione,
nonché il ricorso all’Arbitro Unico.
1. CODICE DISCIPLINARE di cui all’art. 92 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto scuola firmato il 29 novembre 2007 (CCNL 2006 – 2009)
CAPO IX – NORME DISCIPLINARI
SEZIONE I – Personale docente
ART. 91 – RINVIO DELLE NORME DISCIPLINARI
1. Per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado, continuano ad applicarsi le norme di
cui al Titolo I, Capo IV della Parte III del D.L.vo n. 297 del 1994 . 2. Nel rispetto delle competenze degli organi
collegiali ed in attesa del loro riordino, al fine di garantire al personale docente ed educativo procedure disciplinari
certe, trasparenti e tempestive, entro 30 giorni dalla stipula del presente contratto, le Parti regoleranno con
apposita sequenza contrattuale l’intera materia.
Sezione II: Personale Amministrativo, tecnico e ausiliario
ART. 92 – OBBLIGHI DEL DIPENDENTE
1. Il dipendente adegua il proprio comportamento all’obbligo costituzionale di servire esclusivamente la
Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell’attività
amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Il dipendente si comporta in modo tale da favorire l’instaurazione di rapporti di fiducia e collaborazione tra
l’Amministrazione e i cittadini.
3. In tale contesto, tenuto conto dell’esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in
particolare:
a) esercitare con diligenza, equilibrio e professionalità i compiti costituenti esplicazione del profilo professionale
di titolarità;
b) cooperare al buon andamento dell’istituto, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per
l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’Amministrazione scolastica, le norme in materia di sicurezza
e di ambiente di lavoro;
c) rispettare il segreto d’ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme vigenti;
d) non utilizzare ai fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d’ufficio;
e) nei rapporti con il cittadino, fornire tutte le informazioni cui abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in
materia di trasparenza e di accesso alle attività amministrative previste dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, dai
regolamenti attuativi della stessa vigenti nell’Amministrazione, nonché agevolare le procedure ai sensi del D.lgs.
n.443/2000 e del DPR n.445/2000 in tema di autocertificazione;
f) favorire ogni forma di informazione e di collaborazione con le famiglie e con gli alunni;
g) rispettare l’orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi
dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente scolastico;
h) durante l’orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata non solo
a princìpi generali di correttezza ma, altresì, all’esigenza di coerenza con le specifiche finalità educative dell’intera
comunità scolastica, astenendosi da comportamenti lesivi della dignità degli altri dipendenti, degli utenti e degli
alunni;
i) non attendere ad occupazioni estranee al servizio e ad attività lavorative, ancorché
non remunerate, in periodo di malattia od infortunio;
l) eseguire gli ordini inerenti all’esplicazione delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai
superiori. Se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l’ha
impartito dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il
dipendente, non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge penale o
costituisca illecito amministrativo;
m) tenere i registri e le altre forme di documentazione previste da specifiche
disposizioni vigenti per ciascun profilo professionale;
n) assicurare l’integrità degli alunni secondo le attribuzioni di ciascun profilo professionale;
o) avere cura dei locali, mobili, oggetti, macchinari, attrezzi, strumenti ed automezzi a lui affidati;
p) non valersi di quanto è di proprietà dell’Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;
q) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione
lavorativa;
r) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l’accesso ai locali dell’Amministrazione da parte del
personale e non introdurre, salvo che non siano debitamente autorizzate, persone estranee all’Amministrazione
stessa in locali non aperti al pubblico;
s) comunicare all’Amministrazione la propria residenza e dimora, ove non coincidenti, ed ogni successivo
mutamento delle stesse;
t) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza, salvo comprovato impedimento;
u) astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano
coinvolgere direttamente o indirettamente propri interessi finanziari o non finanziari.
ART.93 – SANZIONI E PROCEDURE DISCIPLINARI
1. Le violazioni degli obblighi disciplinati dall’art. 92 del presente contratto danno luogo, secondo la gravità
dell’infrazione, previo procedimento disciplinare, all’applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto;
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) licenziamento con preavviso;
f) licenziamento senza preavviso.
2. L’Amministrazione, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare
nei confronti del dipendente senza previa contestazione scritta dell’addebito – da effettuarsi entro 20 giorni da
quando il soggetto competente per la contestazione, di cui al successivo art. 94, è venuto a conoscenza del fatto
– e senza averlo sentito a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante
dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
3. Il dipendente al quale sono stati contestati i fatti è convocato con lettera per la difesa non prima che siano
trascorsi cinque giorni lavorativi dall’accadimento del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni
dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione è applicata nei successivi 15 giorni.
4. Nel caso in cui la sanzione da comminare non sia di sua competenza, ai sensi del successivo art. 94, il dirigente
scolastico, ai fini del comma 2, segnala entro 10 giorni, all’ufficio competente i fatti da contestare al dipendente
per l’istruzione del procedimento, dandone contestuale comunicazione all’interessato.
5. Al dipendente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l’accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti
il procedimento a suo carico.
6. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data di contestazione di addebito.
Qualora non sia stato portato a termine entro tale data, il procedimento si estingue.
7. L’ufficio competente per i procedimenti disciplinari sulla base degli accertamenti effettuati e delle
giustificazioni addotte dal dipendente, irroga la sanzione applicabile tra quelle indicate al comma 1. Quando il
medesimo ufficio ritenga che non vi sia luogo a procedere disciplinarmente dispone la chiusura del procedimento,
dandone comunicazione all’interessato.
8. I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il lavoratore dalle eventuali responsabilità di altro genere
nelle quali egli sia incorso.
9. I termini di cui al presente articolo devono intendersi come perentori. 10. Per quanto non previsto dalla presente
disposizione si rinvia all’art. 55 del D.L.vo 165/2001 . 11. Per quanto riguarda conciliazione ed arbitrato, si rinvia
al capo XII del presente CCNL.
ART. 94 – COMPETENZE
1. Il rimprovero verbale, il rimprovero scritto e la multa sono inflitti dal dirigente scolastico.
2. La sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni, il licenziamento con
preavviso e il licenziamento senza preavviso sono inflitti dal Direttore generale regionale.
ART. 95 – CODICE DISCIPLINARE
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza
ed in conformità di quanto previsto dall’art. 55 del D.L.vo n. 165/2001, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni
sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza, e imperizia dimostrate, tenuto conto anche
della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’Amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio
determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore,
ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f) al concorso nel fatto di più lavoratori in accordo tra loro.
2. La recidiva in mancanze già sanzionate nel biennio di riferimento comporta una sanzione di maggiore gravità
tra quelle previste nell’ambito della medesima fattispecie.
3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od
omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la
mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a
quattro ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1,
per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia,
nonché dell’orario di lavoro;
b) condotta non conforme a princìpi di correttezza verso i superiori o altri dipendenti o nei confronti dei genitori,
degli alunni o del pubblico; c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati ovvero nella cura dei locali e dei
beni mobili o strumenti affidati al dipendente o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare
azione di vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia
derivato danno o disservizio;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’Amministrazione, nel rispetto di
quanto previsto dall’art. 6 della legge n. 300 del 1970;
f) insufficiente rendimento, rispetto a carichi di lavoro e, comunque, nell’assolvimento dei compiti assegnati;
g) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia
derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi.
5. L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio della scuola e destinato ad attività sociali a favore
degli alunni.
6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di
10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4 che abbiano comportato l’applicazione del massimo della multa;
b) particolare gravità delle mancanze previste nel comma 4;
c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità
della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio
determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati
all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato ritardo, fino a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori;
e) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa;
f) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei
confronti dei superiori, di altri dipendenti, dei genitori, degli alunni o dei terzi;
g) alterchi con ricorso a vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con genitori, alunni o terzi;
h) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Amministrazione, esulanti dal rispetto della libertà di pensiero, ai
sensi dell’art. 1 della legge 300 del 1970;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;
l) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia,
comunque, derivato grave danno all’Amministrazione, ai genitori, agli alunni o a terzi.
7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso di applica per:
a) recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, nelle mancanze previste nel comma 6, anche se di diversa natura,
o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato
l’applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze
relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza
dell’Amministrazione o ad essa affidati;
c) rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio;
d) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi lavorativi;
e) persistente insufficiente rendimento o fatti che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli
obblighi di servizio;
f) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al
rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
g) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità
tale, secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:
a) terza recidiva nel biennio di: minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri
dipendenti; alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
b) accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con mezzi
fraudolenti;
c)condanne passate in giudicato: 1. di cui art. 58 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267, nonchè per i reati di cui agli
art. 316 e 316 bis del codice penale; 2. quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici; 3. per i delitti indicati dall’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001.
d) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in
via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica
gravità;
e) commissione in genere di fatti o atti dolosi, anche non consistenti in illeciti di rilevanza penale per i quali vi
sia obbligo di denuncia, anche nei confronti di terzi, di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure
provvisoria del rapporto di lavoro.
9. Al codice disciplinare di cui al presente articolo deve essere data la massima pubblicità mediante affissione in
luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può essere sostituita con altre.
2. Codice di Comportamento dei Dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni
(allegato n° 2 al C.C.N.L. del 24 luglio 2003) e parte III, Titolo I, CapoIV del D.Lvo 297/1994
ALLEGATO n. 2 del C.C.N.L. 2006 – 2009
CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Art. 1 (Disposizioni di carattere generale)
1.I princìpi e i contenuti del presente codice costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi di
diligenza, lealtà e imparzialità, che qualificano il corretto adempimento della prestazione lavorativa. I dipendenti
pubblici – escluso il personale militare, quello della polizia di Stato ed il Corpo di polizia penitenziaria, nonché i
componenti delle magistrature e dell’Avvocatura dello Stato – si impegnano ad osservarli all’atto dell’assunzione
in servizio.
2. I contratti collettivi provvedono, a norma dell’art. 54, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
al coordinamento con le previsioni in materia di responsabilità disciplinare. Restano ferme le disposizioni
riguardanti le altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti.
3. Le disposizioni che seguono trovano applicazione in tutti i casi in cui non siano applicabili norme di legge o
di regolamento o comunque per i profili non diversamente disciplinati da leggi o regolamenti. Nel rispetto dei
princìpi enunciati dall’art. 2, le previsioni degli articoli 3 e seguenti possono essere integrate e specificate dai
codici adottati dalle singole amministrazioni ai sensi dell’art. 54, comma 5, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 2 (Principi)
1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire esclusivamente la Nazione con
disciplina ed onore e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione.
Nell’espletamento dei propri compiti, il dipendente assicura il rispetto della legge e persegue esclusivamente
l’interesse pubblico; ispira le proprie decisioni ed i propri comportamenti alla cura dell’interesse pubblico che gli
è affidato.
2. Il dipendente mantiene una posizione di indipendenza, al fine di evitare di prendere decisioni o svolgere
attività inerenti alle sue mansioni in situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi. Egli non svolge
alcuna attività che contrasti con il corretto adempimento dei compiti d’ufficio e si impegna ad evitare situazioni
e comportamenti che possano nuocere agli interessi o all’immagine della pubblica amministrazione.
3. Nel rispetto dell’orario di lavoro, il dipendente dedica la giusta quantità di tempo e di energie allo svolgimento
delle proprie competenze, si impegna ad adempierle nel modo più semplice ed efficiente nell’interesse dei
cittadini e assume le responsabilità connesse ai propri compiti.
4. Il dipendente usa e custodisce con cura i beni di cui dispone per ragioni di ufficio e non utilizza a fini privati
le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio.
5. Il comportamento del dipendente deve essere tale da stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione tra i
cittadini e l’amministrazione. Nei rapporti con i cittadini, egli dimostra la massima disponibilità e non ne ostacola
l’esercizio dei diritti. Favorisce l’accesso degli stessi alle informazioni a cui abbiano titolo e, nei limiti in cui ciò
non sia vietato, fornisce tutte le notizie e informazioni necessarie per valutare le decisioni dell’amministrazione e
i comportamenti dei dipendenti.
6. Il dipendente limita gli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese a quelli indispensabili e applica ogni
possibile misura di semplificazione dell’attività amministrativa, agevolando, comunque, lo svolgimento, da parte
dei cittadini, delle attività loro consentite, o comunque non contrarie alle norme giuridiche in vigore.
7. Nello svolgimento dei propri compiti, il dipendente rispetta la distribuzione delle funzioni tra Stato ed enti
territoriali. Nei limiti delle proprie competenze, favorisce l’esercizio delle funzioni e dei compiti da parte
dell’autorità territorialmente competente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.
Art. 3 (Regali e altre utilità)
1. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, neanche in occasione di festività, regali o altre utilità
salvo quelli d’uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefìci da decisioni
o attività inerenti all’ufficio.
2. Il dipendente non chiede, per sé o per altri, né accetta, regali o altre utilità da un subordinato o da suoi parenti
entro il quarto grado. Il dipendente non offre regali o altre utilità ad un sovraordinato o a suoi parenti entro il
quarto grado, o conviventi, salvo quelli d’uso di modico valore.
Art. 4 (Partecipazione ad associazioni e altre organizzazioni)
1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al dirigente dell’ufficio
la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere non riservato, i cui interessi siano
coinvolti dallo svolgimento dell’attività dell’ufficio, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati.
2. Il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni ed organizzazioni, né li induce a farlo
promettendo vantaggi di carriera.
Art. 5 (Trasparenza negli interessi finanziari.)
1. Il dipendente informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti di collaborazione in qualunque modo
retribuiti che egli abbia avuto nell’ultimo quinquennio, precisando:
a) se egli, o suoi parenti entro il quarto grado o conviventi, abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con
cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti
all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli
altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara
se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche,
professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che egli dovrà dirigere o che siano
coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio.
Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori
informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.
Art. 6 (Obbligo di astensione)
1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi
propri ovvero: di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi; di individui od organizzazioni con cui egli stesso
o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito; di individui od organizzazioni
di cui egli sia tutore, curatore, procuratore o agente; di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società
o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui
esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il dirigente dell’ufficio.
Art. 7 (Attività collaterali)
1. Il dipendente non accetta da soggetti diversi dall’amministrazione retribuzioni o altre utilità per prestazioni alle
quali è tenuto per lo svolgimento dei propri compiti d’ufficio.
2. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con individui od organizzazioni che abbiano, o abbiano
avuto nel biennio precedente, un interesse economico in decisioni o attività inerenti all’ufficio.
3. Il dipendente non sollecita ai propri superiori il conferimento di incarichi remunerati.
Art. 8 (Imparzialità)
1. Il dipendente, nell’adempimento della prestazione lavorativa, assicura la parità di trattamento tra i cittadini che
vengono in contatto con l’amministrazione da cui dipende. A tal fine, egli non rifiuta né accorda ad alcuno
prestazioni che siano normalmente accordate o rifiutate ad altri.
2. Il dipendente si attiene a corrette modalità di svolgimento dell’attività amministrativa di sua competenza,
respingendo in particolare ogni illegittima pressione, ancorché esercitata dai suoi superiori.
Art. 9 (Comportamento nella vita sociale)
1. Il dipendente non sfrutta la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino.
Nei rapporti privati, in particolare con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, non menziona né fa
altrimenti intendere, di propria iniziativa, tale posizione, qualora ciò possa nuocere all’immagine
dell’amministrazione.
Art. 10 (Comportamento in servizio)
1. Il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda né affida ad altri dipendenti il compimento di attività o
l’adozione di decisioni di propria spettanza.
2. Nel rispetto delle previsioni contrattuali, il dipendente limita le assenze dal luogo di lavoro a quelle strettamente
necessarie.
3. Il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio. Salvo casi
d’urgenza, egli non utilizza le linee telefoniche dell’ufficio per esigenze personali. Il dipendente che dispone di
mezzi di trasporto dell’amministrazione se ne serve per lo svolgimento dei suoi compiti d’ufficio e non vi trasporta
abitualmente persone estranee all’amministrazione.
4. Il dipendente non accetta per uso personale, né detiene o gode a titolo personale, utilità spettanti all’acquirente,
in relazione all’acquisto di beni o servizi per ragioni di ufficio.
Art. 11 (Rapporti con il pubblico)
1. Il dipendente in diretto rapporto con il pubblico presta adeguata attenzione alle domande di ciascuno e fornisce
le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al comportamento proprio e di altri dipendenti dell’ufficio. Nella
trattazione delle pratiche egli rispetta l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto motivando
genericamente con la quantità di lavoro da svolgere o la mancanza di tempo a disposizione. Egli rispetta gli
appuntamenti con i cittadini e risponde sollecitamente ai loro reclami.
2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il
dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il
dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei propri rapporti con gli organi di stampa.
3. Il dipendente non prende impegni né fa promesse in ordine a decisioni o azioni proprie o altrui inerenti
all’ufficio, se ciò possa generare o confermare sfiducia nell’amministrazione o nella sua indipendenza ed
imparzialità.
4. Nella redazione dei testi scritti e in tutte le altre comunicazioni il dipendente adotta
un linguaggio chiaro e comprensibile.
5. Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa in una amministrazione che fornisce servizi al pubblico si
preoccupa del rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati dall’amministrazione nelle apposite carte dei
servizi. Egli si preoccupa di assicurare la continuità del servizio, di consentire agli utenti la scelta tra i diversi
erogatori e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.
Art. 12 (Contratti)
1. Nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, il dipendente non ricorre a mediazione o ad altra
opera di terzi, né corrisponde o promette ad alcuno utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver
facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto.
2. Il dipendente non conclude, per conto dell’amministrazione, contratti di appalto, fornitura, servizio,
finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato nel biennio
precedente. Nel caso in cui
l’amministrazione concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese
con le quali egli abbia concluso contratti a titolo privato nel biennio precedente, si astiene dal partecipare
all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto.
3. Il dipendente che stipula contratti a titolo privato con imprese con cui abbia concluso, nel biennio precedente,
contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell’amministrazione, ne
informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.
4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente competente
in materia di affari generali e personale.
3. Decreto L.vo 297/94
PERSONALE DOCENTE, EDUCATIVO, DIRETTIVO E ISPETTIVO
Disciplina – Sanzioni disciplinari
Art. 492 – Sanzioni
(modificato dal DL 28 agosto 1995 n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 1995 n. 437)
1. Fino al riordinamento degli organi collegiali, le sanzioni disciplinari e le relative procedure di irrogazione sono
regolate, per il personale direttivo e docente, dal presente articolo e dagli articoli seguenti.
2. Al personale predetto, nel caso di violazione dei propri doveri, possono essere inflitte le seguenti sanzioni
disciplinari:
a) la censura;
b) la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese;
c) la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi;
d) la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e l’utilizzazione, trascorso il tempo
di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva;
e) la destituzione.
3. Per il personale docente il primo grado di sanzione disciplinare è costituito dall’avvertimento scritto, consistente
nel richiamo all’osservanza dei propri doveri.
Art. 493 – Censura
1. La censura consiste in una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, che viene inflitta per mancanze non
gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente o i doveri di ufficio.
Art. 494 – Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese
1. La sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio consiste nel divieto di esercitare la funzione docente o direttiva,
con la perdita del trattamento economico ordinario, salvo quanto disposto dall’articolo 497. La sospensione
dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese viene inflitta:
a) per atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze
in servizio;
b) per violazione del segreto d’ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità;
c) per avere omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza.
Art. 495 – Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi
1. La sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi è inflitta:
a) nei casi previsti dall’articolo 494 qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità;
b) per uso dell’impiego ai fini di interesse personale;
c) per atti in violazione dei propri doveri che pregiudichino il regolare funzionamento
della scuola e per concorso negli stessi atti;
d) per abuso di autorità.
Art. 496 – Sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e utilizzazione in compiti
diversi
1. La sanzione della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e l’utilizzazione, dopo
che sia trascorso il tempo di sospensione, nello svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione
docente o a quella
direttiva connessa al rapporto educativo, è inflitta per il compimento di uno o più atti di particolare gravità
integranti reati puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni, per i quali sia stata pronunciata
sentenza irrevocabile di
condanna ovvero sentenza di condanna nel giudizio di primo grado confermata in grado di appello, e in ogni altro
caso in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione
dall’esercizio della potestà dei genitori. In ogni caso gli atti per i quali è inflitta la sanzione devono essere non
conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione e denotare l’incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti
del proprio ufficio nell’esplicazione del rapporto educativo
2. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono disposti i compiti diversi, di corrispondente qualifica
funzionale, presso l’Amministrazione centrale o gli uffici scolastici regionali e provinciali, ai quali è assegnato
il personale che ha riportato detta sanzione.
3. In corrispondenza del numero delle unità di personale utilizzate in compiti diversi ai sensi del presente
articolo, sono lasciati vacanti altrettanti posti nel contingente previsto dall’articolo 456 comma 1.
Art. 497 – Effetti della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio
1. La sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio di cui all’articolo 494 comporta il ritardo di un anno
nell’attribuzione dell’aumento periodico dello stipendio.
2. La sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio di cui all’articolo 495, se non superiore a tre mesi, comporta il
ritardo di due anni nell’aumento periodico dello stipendio; tale ritardo e elevato a tre anni se la sospensione è
superiore a tre mesi.
3. Il ritardo di cui ai commi 1 e 2 ha luogo a decorrere dalla data in cui verrebbe a scadere il primo aumento
successivo alla punizione inflitta.
4. Per un biennio dalla data in cui è irrogata la sospensione da uno a tre mesi o per un triennio, se la sospensione
è superiore a tre mesi, il personale direttivo e docente non può ottenere il passaggio anticipato a classi superiori
di stipendio; non può altresì partecipare a concorsi per l’accesso a carriera superiore, ai quali va ammesso con
riserva se è pendente ricorso avverso il provvedimento che ha inflitto la sanzione.
5. Il tempo di sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio è detratto dal computo dell’anzianità di carriera.
6. Il servizio prestato nell’anno non viene valutato ai fini della progressione economica e dell’anzianità richiesta
per l’ammissione ai concorsi direttivo e ispettivo nei confronti del personale che abbia riportato in quell’anno una
sanzione disciplinare superiore alla censura, salvo i maggiori effetti della sanzione irrogata.
Art. 498 – Destituzione
1. La destituzione, che consiste nella cessazione dal rapporto d’impiego, è inflitta:
a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni,
alle famiglie;
c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso
negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali,
in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell’esercizio delle funzioni,
o per concorso negli stessi;
e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
f) per gravi abusi di autorità.
Art. 499 – Recidiva
1. In caso di recidiva in una infrazione disciplinare della stessa specie di quella per cui sia stata inflitta la sanzione
dell’avvertimento o della censura, va inflitta rispettivamente la sanzione immediatamente più grave di quella
prevista per l’infrazione commessa. In caso di recidiva in una infrazione della tessa specie di quella per la quale
sia stata inflitta la sanzione di cui alla lettera b), alla lettera c) o alla lettera d) del comma 2 dell’articolo 492, va
inflitta, rispettivamente, la sanzione prevista per la infrazione commessa nella misura massima; nel caso in cui
tale misura massima sia stata già irrogata, la sanzione prevista per l’infrazione commessa può essere aumentata
sino a un terzo.
Art. 500 – Assegno alimentare
1. Nel periodo di sospensione dall’ufficio è concesso un assegno alimentare in misura pari alla metà dello
stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia. 2. La concessione dell’assegno alimentare va disposta dalla
stessa autorità competente ad infliggere la sanzione.
Art. 501 – Riabilitazione
1. Trascorsi due anni dalla data dell’atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio
del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi
nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva.
2. Il termine di cui al comma 1 è fissato in cinque anni per il personale che ha riportato la sanzione di cui
all’articolo 492, comma 2, lettera d).
Art. 508 – Incompatibilità
1. Al personale docente non è consentito impartire lezioni private ad alunni del proprio istituto.
2. Il personale docente, ove assuma lezioni private, è tenuto ad informare il direttore didattico o il preside, al
quale deve altresì comunicare il nome degli alunni e la loro provenienza.
3. Ove le esigenze di funzionamento della scuola lo richiedano, il direttore didattico o il preside possono vietare
l’assunzione di lezioni private o interdirne la continuazione, sentito il consiglio di circolo o di istituto.
4. Avverso il provvedimento del direttore didattico o del preside è ammesso ricorso al provveditore agli studi,
che decide in via definitiva, sentito il parere del consiglio scolastico provinciale.
5. Nessun alunno può essere giudicato dal docente dal quale abbia ricevuto lezioni private; sono nulli gli
scrutini o le prove di esame svoltisi in contravvenzione a tale divieto.
6. Al personale ispettivo e direttivo è fatto divieto di impartire lezioni private.
7. L’ufficio di docente, di direttore didattico, di preside, di ispettore tecnico e di ogni altra categoria di personale
prevista dal presente titolo non è cumulabile con altro rapporto di impiego pubblico.
8. Il predetto personale che assuma altro impiego pubblico è tenuto a darne immediata notizia
all’amministrazione.
9. L’assunzione del nuovo impiego importa la cessazione di diritto dall’impiego precedente, salva la
concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante ai sensi delle disposizioni in vigore.
10. Il personale di cui al presente titolo non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né
può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di
lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta
l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione.
11. Il divieto, di cui al comma 10, non si applica nei casi si società cooperative.
12. Il personale che contravvenga ai divieti posti nel comma 10 viene diffidato dal direttore generale o capo del
servizio centrale competente ovvero dal provveditore agli studi a cessare dalla situazione di incompatibilità.
13. L’ottemperanza alla diffida non preclude l’azione disciplinare.
14. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l’incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con
provvedimento del direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della
pubblica istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali; con provvedimento del provveditore agli
studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, per il personale docente della scuola materna, elementare e media
e, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale docente degli istituti e scuole di
istruzione secondaria superiore.
15. Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di
libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e
siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.
16. Avverso il diniego di autorizzazione è ammesso ricorso al provveditore agli studi, che decide in via
definitiva.
NOTA all’art. 508
In seguito al DPR 275/1999, al posto di “direttore didattico” o “preside”, leggasi “Dirigente scolastico”.
Si ricorda altresì che i Provveditorati agli Studi sono stati aboliti, e che il superiore gerarchico del Dirigente
scolastico è il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale competente. Si ricorda infine che il procedimento
disciplinare previsto dal comma 14 dell’art. 508 sopra riportato va
armonizzato con quanto previsto dal D. L.vo n. 165/2001, così come modificato dal D. L.vo n. 150 / 2009.
4. Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150
CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici
Art. 67.
Oggetto e finalità
1. In attuazione dell’articolo 7 della legge 4 marzo 2009, n. 15, le disposizioni del presente Capo recano modifiche
in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche in relazione ai
rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, al fine di potenziare il
livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo.
2. Resta ferma la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al procedimento e alle sanzioni
disciplinari, ai sensi dell’articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Art. 68.
Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure di conciliazione
1. L’articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 55 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative).
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all’articolo 55-octies, costituiscono norme
imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano
ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui
all’articolo 1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro
di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente
Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni e’ definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul
sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e
relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta
salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei
casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine
non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e comunque prima dell’irrogazione della sanzione.
La sanzione concordemente determinata all’esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella
prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l’infrazione per la quale si procede e non e’ soggetta ad
impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura
conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce
gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l’inizio e la conclusione.
4. Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli
55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le
disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento
sono
adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3.».
Art. 69.
Disposizioni relative al procedimento disciplinare
1. Dopo l’articolo 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono inseriti i seguenti:
«Art. 55-bis (Forme e termini del procedimento disciplinare).
1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali e’ prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero
verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il
procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le
disposizioni del comma 2.
Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con
sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le
disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali e’ previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina
stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di
comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di
cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito
aldipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un
procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce
mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende
presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata
istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività
istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione
della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci
giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento e’
prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del
procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la
decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare e’ più grave
di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio
individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti
disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo
convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel
comma 2, ma, se la sanzione da applicare e’ più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione
di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’articolo 55-ter. Il termine
per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero
dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per
la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia
dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La
violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione
disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, e’ effettuata tramite posta
elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a
mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, il dipendente può indicare, altresì, un
numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all’uso della posta elettronica
certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata
postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. E’ esclusa
l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell’istruttoria, il capo della struttura o l’ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da
altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La
predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, ne’ il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad
una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un
procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità
disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, e’ soggetto all’applicazione, da parte
dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione
della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici
giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il
procedimento disciplinare e’ avviato o concluso o la sanzione e’ applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini
per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e
riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa e’ prevista la sanzione del licenziamento o
se comunque e’ stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente
corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti
giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale).
1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità
giudiziaria, e’ proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore
gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non e’ ammessa la sospensione del procedimento. Per
le infrazioni di maggiore gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l’ufficio competente, nei
casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito
dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il
procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri
strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente,
il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto
addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha
commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi
dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto
conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza
irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni
conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare e’ riaperto, altresì, se dalla sentenza
irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione
del licenziamento, mentre ne e’ stata applicata una diversa. 4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento
disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza
all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed e’
concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il
rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento
prosegue secondo quanto previsto nell’articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità
procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed
1-bis, del codice di procedura penale.
Art. 55-quater (Licenziamento disciplinare). – 1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o
per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione
disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o
con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione
medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco
di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del
servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro
ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o
comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale e’ prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero
l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare e’ disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco
temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle
disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche,
una valutazione di insufficiente rendimento e questo e’ dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti
la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti
e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento e’ senza preavviso.
Art. 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni). –
1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta
falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con
altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o
falsamente attestante uno stato di malattia e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro
400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del
delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, e’
obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i
quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per
il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria
pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza
dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione
all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati ne’
oggettivamente documentati.
Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione e limitazione della
responsabilità per l’esercizio dell’azione disciplinare). –
1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del
lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza
o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non
ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità
del risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento
dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’amministrazione ai sensi
delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni
pubbliche, e’ collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si
applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il
provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire
l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale e’ collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto
di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato
motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare
irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare,
comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non
perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì
la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del
periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione
della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto
collettivo.
4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle
determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare e’ limitata, in conformità ai principi
generali, ai casi di dolo o colpa grave.
Art. 55-septies (Controlli sulle assenze). –
1. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il
secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione
medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario
nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica e’ inviata per via telematica, direttamente dal
medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità
stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in
particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 50, comma 5-bis, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326,
introdotto
dall’articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto e’ immediatamente
inoltrata, con le medesime modalità, all’amministrazione interessata.
3. L’Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni
interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a
legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L’inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente
assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione,
comporta l’applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le
aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
5. L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso
di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità
del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del
Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto
all’amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l’osservanza delle
disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell’interesse della funzionalità
dell’ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies,
comma 3.
Art. 55-octies (Permanente inidoneità psicofisica). – 1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al
servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 2, comma 2, l’amministrazione può
risolvere il rapporto di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad
ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici:
a) la procedura da adottare per la verifica dell’idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell’Amministrazione;
b) la possibilità per l’amministrazione, nei casi di pericolo per l’incolumità del dipendente interessato nonché per
la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio,
in attesa dell’effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla
visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;
c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e
gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall’amministrazione in seguito all’effettuazione della visita di
idoneità;
d) la possibilità, per l’amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del
dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità.
Art. 55-novies (Identificazione del personale a contatto con il pubblico).
1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a
rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso
la postazione di lavoro.
2. Dall’obbligo di cui al comma 1 e’ escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di
categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, su proposta del Ministro
competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di
Conferenza Stato – città ed autonomie locali.».
Art. 70.
Comunicazione della sentenza
1. Dopo l’articolo 154-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ inserito il seguente: «Art. 154-ter
(Comunicazione della sentenza). –
1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di
un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di
questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con
modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del
deposito.».
Art. 71.
Ampliamento dei poteri ispettivi
1. All’articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il comma 6 e’ sostituito dal seguente:
«6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e’ istituito l’Ispettorato
per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato. L’Ispettorato vigila e svolge
verifiche sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull’efficacia
della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto
conferimento degli incarichi, sull’esercizio dei poteri disciplinari, sull’osservanza delle disposizioni vigenti in
materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro. Collabora alle verifiche
ispettive di cui al comma 5. Nell’ambito delle proprie verifiche, l’Ispettorato può avvalersi della Guardia di
Finanza che opera nell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi vigenti. Per le predette finalità l’Ispettorato
si avvale altresì di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell’economia e delle
finanze, del Ministero dell’interno, o comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione
di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127,
e l’articolo 56, comma 7, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l’esercizio
delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di
collaborazione, svolte anche d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Ispettorato si avvale dei dati
comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’articolo 53. L’Ispettorato,
inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità,
ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri
in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro
quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall’ispettorato costituiscono
obbligo
di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui
all’articolo 55, per l’amministrazione medesima. Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena
autonomia funzionale ed hanno l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della
Corte dei conti le irregolarità riscontrate.».
Art. 72.
Abrogazioni
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 71, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2008, n. 133;
b) articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
c) l’articolo 56 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. All’articolo 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «, salvi termini diversi previsti dai contratti
collettivi nazionali di lavoro,» sono soppresse.
Art. 73.
Norme transitorie
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto non e’ ammessa, a pena di nullità, l’impugnazione di sanzioni
disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina. I procedimenti di impugnazione di sanzioni disciplinari
pendenti dinanzi ai predetti collegi alla data di entrata in vigore del presente decreto sono definiti, a pena di nullità
degli atti, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla predetta data.
2. L’obbligo di esposizione di cartellini o targhe identificativi, previsto dall’articolo 55- novies del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall’articolo 69 del presente decreto, decorre dal novantesimo giorno
successivo all’entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni di legge, non incompatibili con quelle del presente decreto, concernenti singole
amministrazioni e recanti fattispecie sanzionatorie specificamente concernenti i rapporti di lavoro del personale
di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, continuano ad essere applicabili fino
al primo rinnovo del contratto collettivo di settore successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
TITOLO V
NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 74.
Ambito di applicazione
1. Gli articoli 11, commi 1 e 3, da 28 a 30, da 33 a 36, 54, 57, 61, 62, comma 1, 64, 65, 66, 68, 69 e 73, commi 1
e 3, rientrano nella potestà legislativa esclusiva esercitata dallo Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma,
lettere l) ed m), della Costituzione.
2. Gli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9, 15, comma 1, 17, comma 2, 18, 23, commi 1 e 2, 24, commi 1 e 2, 25, 26,
27, comma 1, e l’articolo 62, commi 1-bis e 1-ter recano norme di diretta attuazione dell’articolo 97 della
Costituzione e costituiscono principi generali dell’ordinamento ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali,
anche con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, negli ambiti di rispettiva competenza.
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono determinati, in attuazione dell’articolo 2,
comma 5, della legge 4 marzo 2009, n.15, limiti e modalità di applicazione delle disposizioni, anche inderogabili,
del presente decreto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche con riferimento alla definizione del
comparto autonomo di contrattazione collettiva, in considerazione della peculiarità del relativo ordinamento, che
discende dagli articoli 92 e 95 della Costituzione. Fino alla data di entrata in vigore di ciascuno di tali decreti,
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri continua ad applicarsi la normativa previgente.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di
applicazione delle diposizioni dei Titoli II e III del presente decreto al personale docente della scuola e delle
istituzioni
di alta formazione artistica e musicale, nonché ai tecnologi e ai ricercatori degli enti di ricerca. Resta comunque
esclusa la costituzione degli Organismi di cui all’articolo 14 nell’ambito del sistema scolastico e delle istituzioni
di alta formazione artistica e musicale.
5. Le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle
relative norme di attuazione.
Art. 13
Codice disciplinare
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f) concorso nella violazione di più lavoratori in accordo tra di loro;
g) nel caso di personale delle istituzioni scolastiche educative ed AFAM, coinvolgimento di minori, qualora affidati alla vigilanza del dipendente.
2. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
3. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a quattro ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio o delle deliberazioni degli organi collegiali, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001;
b) condotta non conforme a principi di correttezza verso superiori o altri dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) per il personale ATA delle istituzioni scolastiche educative e per quello amministrativo e tecnico dell’AFAM, condotte negligenti e non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione;
d) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o degli strumenti a lui affidati o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare attività di custodia o vigilanza;
e) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o pregiudizio al servizio o agli interessi dell’amministrazione o di terzi;
f) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’amministrazione, nel rispetto di quanto previsto dall’ art. 6 della legge. n. 300/1970;
g) insufficiente rendimento nell’assolvimento dei compiti assegnati, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’art. 55-quater del d.lgs. n. 165/2001;
h) violazione dell’obbligo previsto dall’art. 55-novies, del d.lgs. n. 165/2001;
i) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’amministrazione, agli utenti o ai terzi.
L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell’amministrazione e destinato ad attività sociali a favore dei dipendenti.
4. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste al comma 3;
b) particolare gravità delle mancanze previste al comma 3;
c) ove non ricorra la fattispecie prevista dall’articolo 55-quater, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 165/2001, assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità
della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all’amministrazione, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato mancato trasferimento sin dal primo giorno, da parte del personale ATA delle istituzioni scolastiche ed educative e del personale tecnico e amministrativo dell’AFAM, con esclusione dei supplenti brevi cui si applica la
specifica disciplina regolamentare, nella sede assegnata a seguito dell’espletamento di una procedura di mobilità territoriale o professionale;
e) svolgimento di attività che, durante lo stato di malattia o di infortunio, ritardino il recupero psico-fisico;
f) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’amministrazione, salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 300/1970;
g) ove non sussista la gravità e la reiterazione delle fattispecie considerate nell’art. 55- quater, comma 1, lett. e) del d. lgs. n. 165/2001, atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale nei confronti di un altro dipendente, comportamenti minacciosi, ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti di altri dipendenti o degli utenti o di terzi;
h) violazione degli obblighi di vigilanza da parte del personale delle istituzioni scolastiche educative e dell’AFAM nei confronti degli allievi e degli studenti allo stesso affidati;
i) violazione del segreto di ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità;
j) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all’amministrazione, agli utenti o a terzi.
5. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni si applica nel caso previsto dall’art. 55-bis, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001.
6. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, si applica nei casi previsti dall’art. 55-sexies, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001.
7. La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi si applica nel caso previsto dall’art. 55-sexies, comma 1, del d. lgs. n. 165 del 2001.
8. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi, si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nel comma 4;
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’ente o ad esso affidati;
c) atti, comportamenti lesivi della dignità della persona o molestie a carattere sessuale, anche ove non sussista la gravità e la reiterazione oppure che non riguardino allievi e studenti;
d) alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con gli utenti;
e) fino a due assenze ingiustificate dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale;
f) ingiustificate assenze collettive nei periodi, individuati dall’amministrazione, in cui è necessario assicurare la continuità nell’erogazione di servizi all’utenza;
g) violazione degli obblighi di vigilanza nei confronti di allievi e studenti minorenni
determinata dall’assenza dal servizio o dall’arbitrario abbandono dello stesso;
h) per il personale ATA delle istituzioni scolastiche ed educative e del personale
tecnico e amministrativo dell’AFAM, compimento di atti in violazione dei propri
doveri che pregiudichino il regolare funzionamento dell’istituzione e per concorso
negli stessi atti.
9. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo,
la sanzione disciplinare del licenziamento si applica:
1. con preavviso per:
a) le ipotesi considerate dall’art. 55-quater, comma 1, lett. b) c) e da f)bis a f)
quinquies del d. lgs. n. 165/ 2001;
b) recidiva nelle violazioni indicate nei commi 5, 6, 7 e 8;
c) recidiva nel biennio di atti, anche nei riguardi di persona diversa,
comportamenti o molestie a carattere sessuale oppure quando l’atto, il
comportamento o la molestia rivestano carattere di particolare gravità o anche
quando sono compiuti nei confronti di allievi, studenti e studentesse affidati alla
vigilanza del personale delle istituzioni scolastiche ed educative e dell’AFAM;
d) dichiarazioni false e mendaci, rese dal personale delle istituzioni scolastiche,
educative e AFAM, al fine di ottenere un vantaggio nell’ambito delle procedure
di mobilità territoriale o professionale;
e) condanna passata in giudicato, per un delitto che, commesso fuori del servizio
e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la
prosecuzione per la sua specifica gravità;
f) violazione degli obblighi di comportamento di cui all’art 16, comma 2, secondo
e terzo periodo del D.P.R. n. 62/2013;
g) violazioni dei doveri e degli obblighi di comportamento non ricompresi
specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, secondo i criteri di cui al
comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro;
h) mancata ripresa del servizio, salvo casi di comprovato impedimento, dopo
periodi di interruzione dell’attività previsti dalle disposizioni legislative e
contrattuali vigenti, alla conclusione del periodo di sospensione o alla scadenza
del termine fissato dall’amministrazione.
2. senza preavviso per:
a) le ipotesi considerate nell’art. 55-quater, comma 1, lett. a), d), e) ed f) del d.
lgs. n. 165/2001;
b) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che
possono dare luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell’art. 15,
fatto salvo quanto previsto dall’art. 16;
c) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori
servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne
consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità;
d) commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti dolosi, che,
pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non
consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro;
e) condanna, anche non passata in giudicato:
– per i delitti già indicati nell’art. 7, comma 1, e nell’art. 8, comma 1, lett. a
del d.lgs. n. 235 del 2012;
– quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici;
– per i delitti previsti dall’art. 3, comma 1 della legge 27 marzo 2001 n. 97;
– per gravi delitti commessi in servizio;
f) violazioni intenzionali degli obblighi, non ricomprese specificatamente nelle
lettere precedenti, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai
criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria
del rapporto di lavoro.
10. Le mancanze non espressamente previste nei commi precedenti sono comunque
sanzionate secondo i criteri di cui al comma 1, facendosi riferimento, quanto
all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei lavoratori di cui all’art. 11 e
riferendosi, quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai
commi precedenti.
11. Al codice disciplinare, di cui al presente articolo, deve essere data la massima
pubblicità mediante pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione secondo
le previsioni dell’art. 55, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001.
12. In sede di prima applicazione del presente CCNL, il codice disciplinare deve
essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 11, entro 15
giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applica dal quindicesimo giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Scarica i documenti completi del codice disciplinare: